Vito Mancuso, Questa vita

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Un saggio dal taglio divulgativo sul senso della vita che si rivolge a tutti, credenti e atei, ricco di spunti da approfondire

Voto 7,5

Il libro di Vito Mancuso è uno scritto sintetico da lui stesso definito un “inno alla vita”. Non una trattazione sistematica dunque ma una specie di “chiacchierata colta” dedicata alla vita, ricca di spunti interessanti.

Il presupposto è che gran parte dei problemi che sperimentiamo al giorno d’oggi nella nostra relazione con il pianeta e con gli altri esseri umani nasce da una visione errata della natura, in cui il neodarwinismo vede semplicemente l’opera del puro caso e della selezione naturale.

Questa concezione “meccanicistica” dà come risultato l’esaltazione del primato del più forte e spoglia la natura di qualsiasi finalismo, stimolando un approccio aggressivo nei confronti degli altri e della natura stessa.

Tra gli stessi scienziati questa prospettiva non è certo l’unica, e si confronta con l’altra per cui la natura avrebbe una finalità “interna” e il principio della selezione naturale verrebbe sostituito dal principio dell’aggregazione naturale, ossia la tendenza interna alla materia stessa (che non è più materia statica, ma energia dinamica + informazione ordinatrice) a produrre sistemi sempre più complessi.

Secondo quest’ultima prospettiva “la vita nasce non contro la logica dell’universo, ma come sua applicazione”, dove la materia “è sempre al lavoro, perché è originariamente energia”.

“Anche la pietra e le nuvole verranno osservate con occhi diversi, perchè avremo finalmente compreso di vivere in un universo bioamichevole, dove cioè la vita è nata non contro, ma come conseguenza della logica che lo governa…ovvero una logica di aggregazione sistemica…è per questo che la nostra vita, nata come relazione, può sussistere solo nella relazione con la vita altrui”.

Pertanto “Umanità bontà e gentilezza non sono creazioni artificiose, ma scaturiscono dall’essenza stessa di questa vita”.

La natura ha una struttura dialettica / dinamica che vede l’alternarsi continuo di espansione e contrazione, di caos e logos, di energia e informazione, come in una specie di respiro cosmico.

Proprio respirazione e nutrizione sono le caratteristiche della vita nella sua forma per noi più semplice e immediata, quella di un neonato.

Ma come si fa a nutrire la vita? Al di là della conoscenza teorica che ce ne parla come un fenomeno aggregativo, cosa possiamo fare noi per nutrirla, per sostenerla?

La questione è tanto più importante in quanto potrebbe avere ragione il filosofo tedesco Feuerbach che sostiene che noi siamo quello che mangiamo.

Qui Mancuso opera uno scostamento che costituisce a mio parere il senso stesso di questo suo saggio: passa cioè da una posizione iniziale materialistica alla reintegrazione delle dimensioni “superiori” della vita restituendo al concetto di vita tutta la sua complessità.

Infatti la vita si può e si deve nutrire a vari livelli, dice Mancuso: non solo a livello corporeo, ma anche al livello della psiche, e poi a livello dello spirito – tramite apporti di energia e informazione.
Interessante l’introduzione del concetto di sapienza, principale nutrimento dello spirito, che non è mera conoscenza la quale “rimanda sempre oltre se stessa e quindi non può essere la produzione più alta della mente” ma ha a che fare con ”la creazione di un fine…una comunità libera e di esseri umani felici che con un continuo sforzo interiore lottino per liberarsi dell’eredità di istinti antisociali e distruttivi”

Queste premesse servono per dare corpo a una nuova spiritualità, che parta dal presupposto della relazione costitutiva di ciascuno di noi con tutti i viventi, con gli altri esseri umani e con la natura.

La prima relazione mette capo a una forma di nutrimento non violenta, cioè fondamentalmente vegetariana, con la consapevolezza che un certo grado minimo di violenza è ineliminabile.

La seconda fonda una pratica della giustizia basata sull’idea del superamento dell’inevitabile violenza insita nel permanere in questa vita (il peccato del mondo): il che si ottiene facendosi nutrimento per gli altri in termini di attenzione, di cura, di affetto, facendo agli altri quello che si vorrebbe fosse fatto a noi.

La terza approda dalla visione del mondo neodarwinista e meccanicistica a una visione della Terra come un unico organismo vivente, come la Gaia di Lovelock, capace di autoregolarsi per mantenere attive le condizioni più favorevoli alla vita, “come un immenso e sofisticato ecosistema che deve origine ed esistenza alla logica dell’armonia relazionale, un unico organismo vivente capace di autoregolazione nel quale ogni singolo elemento è interconnesso con ogni altro”

In definitiva è una nuova visione quella a cui questa vita ci chiama: noi “siamo un pezzo di materia capace di creare relazione, di dedicarsi, di uscire da sé, di aprirsi, di abbracciare, di amare. Seguendo tale logica si attua la liberazione dall’ego, la meta di ogni autentica esperienza spirituale, la prima e più necessaria ecologia. Da essa può rinascere la visione del mondo e della natura di cui questa vita ha bisogno per continuare a fiorire”.

http://www.ibs.it/code/9788811689027/mancuso-vito/questa-vita-conoscerla.html

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